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AZIENDA

Storia della Calce

Produzione

La calce è il legante più antico dopo il gesso, di fatto l’unico usato fino all’industrializzazione dell’edilizia. “Antico” come gli egiziani, i greci e i romani; gli architetti del Rinascimento, Andrea Palladio tra tutti, la descrivono a fondo. La calce si ottiene riscaldando una pietra calcarea, composta essenzialmente da carbonato di calcio, a temperature relativamente alte. La pietra da calce viene ridotta in pezzi (se non lo è già, come il ciottolo di fiume), introdotta in forni e calcinata ad una temperatura fra i 700 – 900 °C, ottenendone così la calcinazione del calcare in calce viva (ossido di calcio CaO).

Calcinazione del calcare

La calce viva è una massa porosa, talmente avida d’acqua da idratarsi spontaneamente se esposta all’aria.
In base alla quantità di impurezze contenute nel calcare di partenza, il suo colore varia dal bianco al giallognolo. Per lungo tempo si sono usati due tipi di forni per calcinare il calcare: forno a tipo discontinuo e forno a produzione continua.

Oggi si usano anche forni rotativi.

Spegnimento della Calce

La reazione sviluppa forte calore e aumento di volume di circa il 10%. Data l’elevata temperatura che si può produrre istantaneamente (oltre 150 °C), le zolle rigonfiano, si screpolano e l’acqua si trasforma immediatamente in vapore, bisogna quindi aggiungere l’acqua un poco alla volta e rimescolare con cura la massa.

Presa e indurimento della Calce

Dal punto di vista tecnico la principale caratteristica della calce è di costituire un materiale che, impastato a delle cariche, si lascia lavorare e plasmare facilmente finché è umido, per trasformarsi, una volta asciutto, in un materiale abbastanza resistente all’acqua, nonché dotato di buone proprietà meccaniche e di un’eccellente stabilità nel tempo. Tale caratteristica si basa sulla reazione chimica tra la calce spenta con l’anidride carbonica contenuta nell’aria. Mentre ha luogo l’asciugamento dell’impasto, si ha la perdita di acqua per evaporazione e formazione di carbonato di calcio. Questo fenomeno è detto “carbonatazione”: la calce ritorna all’identica composizione della roccia calcarea di partenza, ma con cristalli molto più piccoli di quelli originari. La reazione di carbonatazione è molto lenta a causa della bassa concentrazione dell’anidride carbonica nell’aria per cui la completa trasformazione dell’idrato di calcio in carbonato richiede anche un periodo di anni. Questa calce si chiama aerea perché è necessario il contatto con l’aria affinché avvenga la presa. La perdita d’acqua per evaporazione causa una contrazione del volume. Per questo la calce spenta non viene mai usata sola, ma sempre con una carica inerte per evitare le spaccature.

Tipi di Calce

Calce idrata (Fior di Calce)
Si ottiene quando si spegne, con una quantità d’acqua pressoché pari a quella della calce. L’idrato che ne risulta è una polvere soffice e finemente suddivisa. Viene venduta in sacchi di carta come il cemento e deve essere conservata in luoghi ben asciutti. È meno sensibile al gelo del grassello.

Grassello di Calce
Si ottiene quando si spegne, con una quantità d’acqua superiore a quella della calce (con un rapporto di circa 3:1). Si ottiene così una massa plastica e unta al tatto detta grassello. In passato, raramente anche oggi, la calce veniva spenta in fosse scavate nel terreno dove essa era tenuta sott’acqua per diversi mesi (stagionatura). Bisogna ricordare che uno spegnimento insufficiente dei grumi di calce viva (calcinaroli), causa seri problemi alle malte. Infatti i calcinaroli finiscono con lo spegnersi dopo l’impiego, producendo con il loro aumento di volume rigonfiamenti e disgregamenti. Ultimamente il grassello si commercia già confezionato in sacchi di plastica pronti per l’uso.